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mercoledì 16 settembre 2009

] la perseveranza alla fine premia [ ] Levin e Kitty [

— Aspettate — disse, sedendo al tavolo. — Da tempo volevo chiedervi una cosa. Egli la guardava dritto negli occhi carezzevoli, sebbene spaventati. — Domandate, vi prego. — Ecco — egli disse, e scrisse le lettere iniziali: q, m, a, r: q, n, p, e, s, m, o, a? Quelle lettere volevano significare: “quando mi avete risposto: questo non può essere, significava mai o allora?”. Non c’era nessuna probabilità che ella potesse decifrare questa frase complicata; ma egli la guardò con tanta ansia come se la sua vita dipendesse dall’aver ella capito o no quelle parole. Kitty lo guardò seria, poi poggiò la fronte corrugata sulla mano e cominciò a leggere. Di tanto in tanto dava un’occhiata a lui, domandandogli con lo sguardo: “È quello che penso?”. — Ho capito — disse, arrossendo. — Che parola è questa? — egli disse, indicando l’m con cui era significata la parola “mai”. — Questa parola significa “mai” — ella disse — ma non è vero! Egli cancellò in fretta quel che era scritto, le dette il gesso e si alzò. Ella scrisse: a, i, n, p, r, d. Dolly si consolò completamente del dolore arrecatogli dalla conversazione con Aleksej Aleksandrovic, quando sorprese queste due figure: Kitty col gesso in mano e con un sorriso timido che guardava di sotto in su Levin, e la bella figura di lui curva sul tavolo, con gli occhi ardenti, fissi ora sul tavolo ora su di lei. A un tratto egli s’illuminò tutto: aveva capito. La scritta significava: “allora io non potevo rispondere diversamente”. Egli la guardò interrogativamente con timore. — Soltanto allora? — Sì — rispose il sorriso di lei. — E o... ora? — egli domandò. — Ebbene, ecco leggete. Dirò quello che desidererei. Quello che desidererei tanto. — Ella scrisse le iniziali: “c, p, d, e, p, q, c, e, s”. Questo significava: “Che possiate dimenticare e perdonare quello che è stato”. Egli afferrò il gesso con le dita tese, tremanti, e, spezzatolo, scrisse le iniziali di quel che segue: “Non ho nulla da dimenticare e perdonare, non ho mai cessato di amarvi”. Ella lo guardò con un sorriso che s’era fermato sul suo volto. — Ho capito — disse piano. Egli sedette e scrisse una lunga frase. Ella capì tutto e senza chiedere: “È così?” prese il gesso e rispose immediatamente. Egli per parecchio tempo non riuscì a capire quello ch’ella aveva scritto e la guardava spesso negli occhi. La mente gli si annebbiò di gioia. Non riusciva in nessun modo a sostituire alle lettere le parole ch’ella intendeva; ma negli occhi di lei, raggianti di felicità, capì tutto quello che doveva sapere. E scrisse tre lettere sole. Ma non aveva ancora finito di scriverle e lei già leggeva dietro il suo braccio e terminava lei stessa e scriveva la risposta: “Sì”. — Giocate al secrétaire? — disse il vecchio principe accostandosi. — Su, però, andiamo, se vuoi arrivare in tempo a teatro. Levin si alzò e accompagnò Kitty alla porta. Nella loro conversazione era stato detto tutto; ch’ella lo amava e che avrebbe detto al padre e alla madre ch’egli sarebbe andato da loro l’indomani mattina.


L. N. Tolstoj "Anna Karenina"

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