BLOGGER TEMPLATES AND TWITTER BACKGROUNDS

venerdì 25 settembre 2009

Lost! - Coldplay

Just because I'm losin'
Doesn't mean I'm lost
Doesn't mean I'll stop
Doesn't mean I will cross

Just because I'm hurting
Doesn't mean I'm hurt
Doesn't mean I didn't get
What I deserve
No better and no worse

I just got lost
Every river that i tried to cross
Every door I ever tried was locked
Oooh and I'm just waiting 'till the shine wears off

You might be a big a big fish
In a little pond
Doesn't mean you won
Cause along will come a bigger one

You'll be lost
Every river that you try to cross
Every gun you ever held went off
Oooh and I'm just waiting 'till the fires start
Oooh and I'm just waiting 'till the shine wears off

sabato 19 settembre 2009

bilancio dell'estate

"L'estate sta finendo e un anno se ne va.

Sto diventando grande, lo sai che non mi va"

Questo perché aver avuto la grazia di fare animazione per due mesi mi ha fatto tornare indietro nel tempo. E so che sono molto maturata, ma capisco che ancora pochi anni e poi dovrò per un motivo o l'altro rinunciare ai campi, alle ER e a tutti gli annessi e connessi. Pagherei per tornare alle superiori e rivivere con più consapevolezza e al meglio tutte le estati passate!

Voglio ringraziare prima di tutto Gesù: è per lui che faccio animazione!
L'elenco continua con tutti gli amici del cel con cui ho fatto animazione: Igor, Gaia, Paolo, Marta, Marco, Jacopo, Martino, Giada, Lise, Alessio, Zoffy, Cris, Cristian, Silvia, Alma, Bruce, Mirco, Endy, Rachele, Beatrice, Mariachiara, Chiara, Sara, Luca, Giacomo, Pato.
Un enorme ringraziamento a Fabio, un salesiano-santo che ti riempie il cuore di Gesù!

Come diceva Sonia ieri sera: "e adesso, come farò nel mondo normale dopo un'estate così?"
L'interrogativo rimane aperto. Lo scopriremo solo vivendo (in Gesù).

Grazie!
Спосибо!
Multumesc!

giovedì 17 settembre 2009

qualcuno a cui guardo come esempio!

Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova,
tardi ti ho amato.
Ecco, eri dentro di me tu, e io fuori:
fuori di me ti cercavo,
e informe nella mia irruenza mi gettavo
su queste belle forme che tu hai dato alle cose.
Eri con me, io non ero con te.
Le cose mi tenevano lontano,
le cose che non ci sarebbero se non fossero in te.
Mi hai chiamato, e il tuo grido ha lacerato la mia sordità;
hai lanciato segnali di luce e il tuo splendore ha fugato la mia cecità,
ti sei effuso in essenza fragrante e ti ho aspirato
e mi manca il respiro se mi manchi,
ho conosciuto il tuo sapore e ora ho fame e sete,
mi hai sfiorato e mi sono incendiato per la tua pace.

"Se"




Se riesci a conservare il controllo quando tutti
Intorno a te lo perdono e te ne fanno una colpa;
Se riesci ad aver fiducia in te quando tutti
Ne dubitano, ma anche a tener conto del dubbio;
Se riesci ad aspettare e non stancarti di aspettare,
O se mentono a tuo riguardo, a non ricambiare in menzogne,
O se ti odiano, a non lasciarti prendere dall'odio,
E tuttavia a non sembrare troppo buono e a non parlare troppo saggio.

Se riesci a sognare e a non fare del sogno il tuo padrone;
Se riesci a pensare e a non fare del pensiero il tuo scopo;
Se riesci a far fronte al Trionfo e alla Rovina
E trattare allo stesso modo quei due impostori;
Se riesci a sopportare di udire la verità che hai detto
Distorta da furfanti per ingannare gli sciocchi
O a contemplare le cose cui hai dedicato la vita, infrante,
E piegarti a ricostruirle con strumenti logori;

Se riesci a fare un mucchio di tutte le tue vincite
E rischiarle in un colpo solo a testa e croce,
E perdere e ricominciare di nuovo dal principio
E non dire una parola sulla perdita;
Se riesci a costringere cuore, tendini e nervi
A servire al tuo scopo quando sono da tempo sfiniti,
E a tener duro quando in te non resta altro
Tranne la Volontà che dice loro: "Tieni duro!".

Se riesci a parlare con la folla e a conservare la tua virtù,
E a camminare con i Re senza perdere il contatto con la gente,
Se non riesce a ferirti il nemico né l'amico più caro,
Se tutti contano per te, ma nessuno troppo;
Se riesci a occupare il minuto inesorabile
Dando valore a ogni minuto che passa,
Tua è la Terra e tutto ciò che è in essa,
E - quel che è di più - sei un Uomo, figlio mio!

Rudyard Kipling

mercoledì 16 settembre 2009

from "lettera ai cercatori di Dio"

Amore e fallimenti

Siamo fatti per amare. L’amore dà la vita e vince la morte: “Se c’è in me una certezza incrollabile, essa è quella che un mondo che viene abbandonato dall’amore deve sprofondare nella morte, ma che là dove l’amore perdura, dove trionfa su tutto ciò che vorrebbe avvilire, la morte è definitivamente vinta” (Gabriel Marcel). Ne siamo consapevoli, anche quando le parole che pronunciamo e i fatti di cui è intessuta la nostra esistenza non sono in grado di esprimere quello che abbiamo intuito e che desideriamo. Ci fanno paura le persone aride, spente nella voglia di amare e di essere amate.


L’amore è irradiante, contagioso, origine prima e sempre nuova della vita. Per amore siamo nati. Per amore viviamo. Essere amati è gioia. Senza amore la vita resta triste e vuota.

L’amore è uscita coraggiosa da sé, per andare verso gli altri e accogliere il dono della loro diversità dal nostro io, superando nell’incontro l’incertezza della nostra identità e la solitudine delle nostre sicurezze.


Imparare ad amare

Quella dell’amore è la storia più personale della nostra esistenza. Riconosciamo i percorsi e proclamiamo gli eventi che la punteggiano. Ma ci troviamo spesso affaticati, stanchi, sollecitati a fermarci al bordo della strada a causa di delusioni e incertezze.

Riconosciamo che nella via dell’amore c’è sempre una provenienza, un’accoglienza e un avvenire. La provenienza è l’uscire da sé nella generosità del dono, per la sola gioia di amare: l’amore nasce dalla gratuità o non è. L’accoglienza è il riconoscimento grato dell’altro, la gioia e l’umiltà del lasciarsi amare. L’avvenire è il dono che si fa accoglienza e l’accoglienza che si fa dono, l’essere liberi da sé per essere uno con l’altro e nell’altro, in una comunione reciproca e aperta agli altri, che è libertà.


Tutto questo è difficile. Mille ostacoli attraversano il cammino e spesso lo bloccano.

Basta uno sguardo al mondo dei rapporti umani, per constatare l’evidenza di tanti fallimenti dell’amore, un’evidenza che appare perfino chiassosa e inquietante. Siamo fatti per amare e scopriamo quasi di non esserne capaci. Originati dall’amore, ci sembra tanto spesso di non saper suscitare amore.

Perché? Ce lo chiediamo quando la nostalgia di esperienze di amore intense e limpide attraversa la nostra esistenza e colora i nostri sogni. Qualcuno, raccogliendo le parole dalla sua esperienza, suggerisce ragioni e prospettive di questa fatica di amare, tutte, comunque, da verificare in prima persona. Sono la possessività, l’ingratitudine e la tentazione di catturare l’altro le forme che più comunemente paralizzano il cammino dell’amore.


La possessività paralizza l’amore perché impedisce il dono, bloccando il cuore in un avido e illusorio accumulo di ricchezza per sé. L’ingratitudine è l’opposto della riconoscenza gioiosa. Impedisce l’accoglienza dell’altro e impoverisce l’anima, perché dove non c’è gratitudine, il dono stesso è perduto. La cattura è frutto della gelosia, e insieme della paura di perdere l’istante posseduto: in una sorta di sazietà illusoria essa chiude lo sguardo verso gli altri e verso l’avvenire. Come superare queste resistenze? Come divenire capaci di amare oltre ogni possessività, ingratitudine e prigione del cuore? Chi ci renderà capaci di amare?


Rinascere sempre di nuovo nell’amore

Abbiamo cercato parole per dire il nostro amore, quello che ci fa nascere, vivere e sperare. Abbiamo dovuto usare parole amare, come delusione, fallimento, tradimento, incertezza, chiusura, egoismo. Non tutto è così, per fortuna.

La nostra esperienza di amore sa rinascere. Parliamo di fallimento proprio perché sogniamo esperienze diverse. Sogniamo esperienze nuove perché altri, amici vicini o sconosciuti, ci restituiscono fiducia nell’amore e sicurezza nella sua vittoria, nonostante tutto.


Davvero lo scontro tra amore e tradimento mette la nostra esistenza in una condizione di inquietudine, che scopriamo sempre presente e nuova, anche quando ci sembra d’averla superata e risolta. Nel silenzio del nostro cuore inquieto troviamo una domanda che avvolge tutto il mistero del nostro esistere e che si proietta in avanti, anche quando sperimentiamo risposte che sembrano soddisfacenti.

Soprattutto deve diventare veramente nostra la risposta che ognuno di noi darà a questa domanda. Ciascuno è chiamato a esprimerla nella sua storia personale e a dire a se stesso le sue buone ragioni per amare e superare le resistenze ad amare a partire dal proprio vissuto. La solidarietà che ci lega ci spinge però a rompere il silenzio per farci ciascuno proposta agli altri.


Sì: c’è in noi un immenso bisogno di amare e di essere amati. Davvero, “è l’amore che fa esistere” (Maurice Blondel). È l’amore che vince la morte: “Amare qualcuno significa dirgli: tu non morirai!” (Gabriel Marcel). Eugenio Montale esprime intensamente questo bisogno, che è insieme nostalgia, desiderio e attesa, nei versi scritti dopo la morte della moglie, dove è proprio l’assenza della persona amata a far percepire l’importanza dell’amore, che vive al di là di ogni fragilità e interruzione:


Ho sceso, dandoti il braccio,

almeno un milione di scale

e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.

Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.

Il mio dura tuttora, né più mi occorrono

le coincidenze, le prenotazioni,

le trappole, gli scorni di chi crede

che la realtà sia quella che si vede.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio

non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.

Con te le ho scese perché sapevo che di noi due

le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,

erano le tue.


In questo bisogno di rinascere sempre di nuovo nell’amore

ci sembra riconoscibile una nostalgia: quella di un amore infinito…



] la perseveranza alla fine premia [ ] Levin e Kitty [

— Aspettate — disse, sedendo al tavolo. — Da tempo volevo chiedervi una cosa. Egli la guardava dritto negli occhi carezzevoli, sebbene spaventati. — Domandate, vi prego. — Ecco — egli disse, e scrisse le lettere iniziali: q, m, a, r: q, n, p, e, s, m, o, a? Quelle lettere volevano significare: “quando mi avete risposto: questo non può essere, significava mai o allora?”. Non c’era nessuna probabilità che ella potesse decifrare questa frase complicata; ma egli la guardò con tanta ansia come se la sua vita dipendesse dall’aver ella capito o no quelle parole. Kitty lo guardò seria, poi poggiò la fronte corrugata sulla mano e cominciò a leggere. Di tanto in tanto dava un’occhiata a lui, domandandogli con lo sguardo: “È quello che penso?”. — Ho capito — disse, arrossendo. — Che parola è questa? — egli disse, indicando l’m con cui era significata la parola “mai”. — Questa parola significa “mai” — ella disse — ma non è vero! Egli cancellò in fretta quel che era scritto, le dette il gesso e si alzò. Ella scrisse: a, i, n, p, r, d. Dolly si consolò completamente del dolore arrecatogli dalla conversazione con Aleksej Aleksandrovic, quando sorprese queste due figure: Kitty col gesso in mano e con un sorriso timido che guardava di sotto in su Levin, e la bella figura di lui curva sul tavolo, con gli occhi ardenti, fissi ora sul tavolo ora su di lei. A un tratto egli s’illuminò tutto: aveva capito. La scritta significava: “allora io non potevo rispondere diversamente”. Egli la guardò interrogativamente con timore. — Soltanto allora? — Sì — rispose il sorriso di lei. — E o... ora? — egli domandò. — Ebbene, ecco leggete. Dirò quello che desidererei. Quello che desidererei tanto. — Ella scrisse le iniziali: “c, p, d, e, p, q, c, e, s”. Questo significava: “Che possiate dimenticare e perdonare quello che è stato”. Egli afferrò il gesso con le dita tese, tremanti, e, spezzatolo, scrisse le iniziali di quel che segue: “Non ho nulla da dimenticare e perdonare, non ho mai cessato di amarvi”. Ella lo guardò con un sorriso che s’era fermato sul suo volto. — Ho capito — disse piano. Egli sedette e scrisse una lunga frase. Ella capì tutto e senza chiedere: “È così?” prese il gesso e rispose immediatamente. Egli per parecchio tempo non riuscì a capire quello ch’ella aveva scritto e la guardava spesso negli occhi. La mente gli si annebbiò di gioia. Non riusciva in nessun modo a sostituire alle lettere le parole ch’ella intendeva; ma negli occhi di lei, raggianti di felicità, capì tutto quello che doveva sapere. E scrisse tre lettere sole. Ma non aveva ancora finito di scriverle e lei già leggeva dietro il suo braccio e terminava lei stessa e scriveva la risposta: “Sì”. — Giocate al secrétaire? — disse il vecchio principe accostandosi. — Su, però, andiamo, se vuoi arrivare in tempo a teatro. Levin si alzò e accompagnò Kitty alla porta. Nella loro conversazione era stato detto tutto; ch’ella lo amava e che avrebbe detto al padre e alla madre ch’egli sarebbe andato da loro l’indomani mattina.


L. N. Tolstoj "Anna Karenina"

нельзя забыть!


"So di avere la scomoda abitudine di dire
non ciò che mi converrebbe,
ma ciò che mi pare essere la verità"
(Eugenij Zamjatin)

до cвидания, Аня!

cos'è l'amore? [by Paolo di Tarso]


Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità,
sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.
E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza,
e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità,
non sono nulla.
E se anche distribuissi tutte le mie sostanze
e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità,
niente mi giova.

La carità è paziente, è benigna la carità;
non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia,
non manca di rispetto, non cerca il suo interesse,
non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia,
ma si compiace della verità.
Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
La carità non avrà mai fine.
Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà.
La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia.
Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà.
Quand'ero bambino, parlavo da bambino,
pensavo da bambino, ragionavo da bambino.
Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l'ho abbandonato.
Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa;
ma allora vedremo a faccia a faccia.
Ora conosco in modo imperfetto,
ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto.

Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità;
ma di tutte più grande è la carità.

by Paolo di Tarso
(1. Corinzi 13, 1-13)

con i piedi per terra e il cuore in cielo

La vita non è abbastanza.
Allora cosa voglio?
Voglio una decisione per l'eternità,
qualcosa da scegliere
e da cui non mi allontanerò mai.
Qui sulla terra non c'è abbastanza da desiderare.

la libertà di volare...o solo per sentirsi vivo...


Il volo ti fa libero
e ti fa diventare quello che sei,
ti eleva al livello di dignità!
Ti fa veramente felice.

Georges Bernanos - from "diario di un curato di campagna"



"Odiarsi è più facile di quanto si creda.
La grazia consiste nel dimenticarsi.
Ma se in noi fosse morto ogni orgoglio,
la Grazia delle grazie sarebbe di amare umilmente se stessi,
allo stesso modo di qualunque altro membro sofferente di Gesù Cristo"