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venerdì 25 dicembre 2009

buon Natale

“Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”.


Soltanto la contemplazione può semplificare la nostra preghiera per arrivare a constatare la profondità della scena e del segno che ci è dato.

Una mangiatoia, un bambino, Maria in contemplazione, Giuseppe meditabondo: “Veramente tu sei un Dio misterioso!”. Il Padre, il solo che conosce il Figlio, ci conceda di riconoscerlo affinché l’amiamo e lo imitiamo.

Nessun apparato esteriore, nessuna considerazione, nel villaggio tutto è indifferente. Solo alcuni pastori, degli emarginati dalla società...

E tutto questo è voluto:

“Egli ha scelto la povertà, la nudità.

Ha disprezzato la considerazione degli uomini,

quella che proviene dalla ricchezza, dallo splendore, dalla condizione sociale”.


Nessun apparato, nessuno splendore esteriore. Eppure egli è il Verbo che si è fatto carne, la luce rivestita di un corpo. Egli si trova nel mondo che egli stesso continuamente crea, ma vi è nascosto. Perché vuole apparirci solo di nascosto?

Egli fino ad allora era, secondo l’espressione di Nicolas Cabasilas, un re in esilio, uno straniero senza città, ed eccolo che fa ritorno alla sua dimora. Perché la terra, prima di essere la terra degli uomini, è la terra di Dio. E, ritornando, ritrova questa terra creata da lui e per lui.


“Dio si è fatto portatore di carne perché l’uomo possa divenire portatore di Spirito”

(Atanasio di Alessandria).


“Il suo amore per me ha umiliato la sua grandezza.

Si è fatto simile a me perché io lo accolga.

Si è fatto simile a me perché io lo rivesta”

(Cantico di Salomone).


Per capire, io devo ascoltare lui che mi dice:

“Per toccarmi, lasciate i vostri bisturi...

Per vedermi, lasciate i vostri sistemi di televisione...

Per sentire le pulsazioni del divino nel mondo, non

prendete strumenti di precisione...

Per leggere le Scritture, lasciate la critica...

Per gustarmi, lasciate la vostra sensibilità...”

(Pierre Mounier).



Ma credete e adorate.

_______________________________________


A queste parole allego semplicemente il mio augurio di vivere secondo la via di Gesù... è quella che porta alla gioia vera, senza fine!

Chiara

lunedì 21 dicembre 2009

...unintended... (by Muse)

You could be my unintended
Choice to live my life extended
You could be the one I'll always love

You could be the one who listens
To my deepest inquisitions
You could be the one I'll always love

I'll be there as soon as I can
But I'm busy mending broken
Pieces of the life I had before


First there was the one who challenged
All my dreams and all my balance
He could never be as good as you

You could be my unintended
Choice to live my life extended
You should be the one I'll always love

I'll be there as soon as I can
But I'm busy mending broken
Pieces of the life I had before


sabato 28 novembre 2009

le due domande

Lectio di monsignor Andrea Bruno Mazzoccato, su Mt 28, 5-10. 16-20.


Ma l'angelo disse alle donne: «Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. È risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: È risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea; là lo vedrete. Ecco, io ve l'ho detto». Abbandonato in fretta il sepolcro, con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l'annunzio ai suoi discepoli.

Ed ecco Gesù venne loro incontro dicendo: «Salute a voi». Ed esse, avvicinatesi, gli presero i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno».

Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. E Gesù, avvicinatosi, disse loro: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».


La riflessione parte dalle ultime parole di Gesù: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo". Gesù ci sta dicendo di essere con noi adesso, ma come facciamo a capirlo? Un primo segno è la presenza del Vescovo qui: perché nella firma del Papa, c'è anche quella di Gesù, che manda qui un suo rappresentante. Un segno ancora più grande è la sua presenza concreta nell'Eucarestia. Gesù vivo, che si offre per noi! E' presente!

La sua notizia è stata affidata alle donne, che portano il messaggio agli aspostoli, pieni di paura. Gli apostoli poi arrivano al monte, dove c'è Gesù: tutti si riuniscono. E questo ci fa riflettere sul motivo per cui siamo qui, stasera.

Una riflessione che è guidata da due domande; la prima è perché sono qui stasera (cioè, per quale motivo sono partito da casa)? Nel Vangelo troviamo una possibile risposta: le donne partono ognuna dalla propria casa, di notte, si incontrano per strada e assieme vanno da Gesù. Qual è il motivo che le spinge a uscire da sole, in un momento anche pericoloso della giornata? Deve essere certamente un grande desiderio che anima il loro cuore, e infatti loro vanno là per vedere Gesù.

La seconda domanda è: qual è il più grande desiderio che ho in questo momento?

Riflettendo su queste domande, preghiamo infine anche per gli altri, e presentiamo questa nostra personale preghiera a Gesù: così riviviamo quello che gli apostoli hanno vissuto sul monte, è questo l'appuntamento che Gesù ha dato a noi per stasera!


Un ultimo augurio e pensiero ci viene rivolto dal Vescovo...

Ti dice Gesù: "Trova ogni giorno un angolo del tuo cuore per me e ti sarò vicino; un angolo del tuo cuore per una persona che ha bisogno e ti donerà un sorriso. Così sarai felice".


giovedì 26 novembre 2009

il dialogo by Chiara Lubich

Penso che il dialogo supera di gran lunga la tolleranza;
anche se non la disprezzerei del tutto la tolleranza,
in quanto in certi posti conviene che ci sia, perché almeno, per essa,
non c'è la lite, la lotta.
Però il dialogo è tutta un'altra cosa:
è un arricchimento reciproco, è un volersi bene, è un sentirsi già fratelli,
è un creare una fraternità universale già su questa terra.



Naturalmente il dialogo è vero se è animato dall'amore vero.
Ora l'amore è vero se è disinteressato; se no non è amore. E' egoismo.
In tal caso sarebbe un dialogo costruito senza l'amore;
quindi non sarebbe un dialogo, ma un'altra cosa: proselitismo, ad esempio.
Il proselitismo deve restare fuori da questa porta,
non può esserci, perché altrimenti non c'è dialogo.
Dialogo significa amare, donare quello che abbiamo
dentro di noi per amore dell'altro, e anche ricevere e arricchirsi

domenica 22 novembre 2009

essere ciechi e ritrovare una direzione


Come ci insegna la vicenda di Saulo, giovane uomo rampante in società, la cecità non è solamente uno stato di privazione fisica. Ossia, da una parte è innegabile che lo sia. Ma ce n'è un'altra, più radicata dentro molti: la cecità del cuore. Il non voler o saper vedere che c'è un qualcosa di enormemente grande che ci circonda: l'amore di Dio.

La cecità effettiva che colpisce Saulo lungo la strada verso Tarso lo destabilizza: per la prima volta un uomo intraprendente è costretto a lasciarsi condurre per mano, a farsi guidare.


Un gesto strano, dato il mondo in cui viviamo: lasciarsi guidare è inteso come una violazione della libertà personale. Chi è l'altro - si pensa - per potermi dire dove andare?


E' indispensabile un cambio di prospettiva. Io mi lascio guidare quando sento di essere cieco e non so da che parte dirigermi.

Questo atteggiamento rimanda al concetto di direzione o accompagnamento spirituale. Cos'è? E' l'affidarsi a qualcuno che come noi cerca Dio, e ci aiuta a scoprirlo vivo in noi. E' una mediazione per conoscere Dio e vivere la vita secondo la sua volontà. E' l'evitare di una fede "fai da te", che spesso porta a nostre personali e devianti interpretazioni del messaggio d'amore di Dio: vivere a modo proprio, stravolgendo un messaggio d'amore.


Chi mi guida? Non devo pensare a un superman che ha già capito tutto della fede (anzi, diffido da chi si dice tale). Lungo la mia strada troverò qualcuno che, secondo il progetto di Dio, è giusto per accompagnarmi in quel momento, ma non necessariamente per sempre! Una persona a cui mi affido, a cui racconto me in verità, e a cui obbedisco - anche se qualche volta non riesco proprio a capire perché: in una parola, mi metto in ascolto di questa persona che è una mediazione tra me e Dio.


E mi ricordo che ogni santo ha avuto una mediazione per arrivare a Dio, e che quindi non c’è niente di male! E che la direzione è una via per la vera libertà: il cammino verso la Verità!

martedì 17 novembre 2009

preghiera...

Come mi è facile vivere con Te, Signore!
Com’è facile credere in Te!
Quando il mio intelletto confuso
si ritira o viene meno,
quando gli uomini più intelligenti
non vedono al di là di questa sera
e non sanno che fare domani,
Tu mi concedi la chiara certezza
che esisti e ti preoccupi
perché non vengano sbarrate
tutte le vie che portano al bene.
Sulla cresta della gloria terrena
io mi volto indietro stupito
a guardare la strada percorsa
dalla disperazione a questo punto
donde fu dato a me comunicare
all’Umanità un riflesso dei Tuoi raggi.
Dammi quanto m’è necessario
perché continui a rifletterli.
E per quello che non riesco a fare,
so che Tu hai destinato
altri a compierlo.

domenica 1 novembre 2009

Mi hai lasciato senza parole
come una primavera
e questo è un raggio di luce
un pensiero che si riempie di te.

E l'attimo in cui il sole diventa dorato
e il cuore si fa leggero
come l'aria prima che il tempo
ci porti via, ci porti via da qui.

Ti vorrei sollevare, ti vorrei consolare.

Mi hai detto: "Ti ho visto cambiare,
tu non stai più a sentire",
per un momento avrei voluto
che fosse vero anche soltanto un po'.

Perché ti ho sentito entrare,
ma volevo sparire.
E invece ti ho visto mirare,
invece ti ho visto sparare
a quell'anima che hai detto che non ho.

Ti vorrei sollevare, ti vorrei consolare.
Ti vorrei sollevare, ti vorrei ritrovare.

Vorrei viaggiare su ali di carta con te,
sapere inventare, sentire il vento che soffia
e non nasconderci se ci fa spostare.

Quando persi sotto tante stelle
ci chiediamo cosa siamo venuti a fare,
cos'è l'amore; stringiamoci più forte ancora,
teniamoci vicino al cuore.

Ti vorrei sollevare, ti vorrei consolare.

E viaggiare su ali di carta con te,
sapere inventare, sentire il vento che soffia
e non nasconderci se ci fa spostare.

Quando persi sotto tante stelle
ci chiediamo cosa siamo venuti a fare,
cos'è l'amore; stringiamoci più forte ancora,
teniamoci vicino al cuore.

Vorrei viaggiare su ali di carta con te,
sapere inventare, sentire il vento che soffia
e non nasconderci se ci fa spostare.

Quando persi sotto tante stelle
ci chiediamo cosa siamo venuti a fare,
cos'è l'amore; stringiamoci più forte ancora,
teniamoci vicino al cuore.

sabato 31 ottobre 2009

Fidanzati, frenati, purificati - [ Il Foglio.it › La giornata ]

Fidanzati, frenati, purificati - [ Il Foglio.it › La giornata ]

giovedì 22 ottobre 2009

the book of love

The book of love is long and boring
No one can lift the damn thing
It's full of charts and facts and figures
and instructions for dancing

But I - I love it when you read to me
And you - You can read me anything

The book of love has music in it
In fact that's where music comes from
Some of it is just transcendental
Some of it is just really dumb

But I - I love it when you sing to me
And you - You can sing me anything

The book of love is long and boring
And written very long ago
It's full of flowers and heart-shaped boxes
And things we're all too young to know

But I - I love it when you give me things
And you - You ought to give me wedding rings

lunedì 19 ottobre 2009

un altro 11 settembre - by Renzo Martinelli

Voglio raccontarvi un altro undici settembre. Un undici settembre che questa Europa stanca e rassegnata ha completamente rimosso. L'undici settembre che vi racconto è quello del 1683. Voglio raccontarvelo perché è una pagina di storia che è ormai diventata materiale drammaturgico, si è trasformata in una sceneggiatura e, con l'aiuto di Dio, diventerà un film. Forse il prossimo anno. Forse quello successivo. Ma lo diventerà.
Nella primavera di quel 1683, un esercito di trecentomila musulmani comandati da Karà Mustafà parte da Istanbul e muove verso Occidente. Un esercito poderoso. Il più potente che l'Europa abbia mai visto. Una impressionante massa di uomini e cavalli e cammelli e carri. Devastano villaggi. Razziano tutto ciò che può essere mangiato. Rapiscono centinaia di donne per placare gli appetiti sessuali di migliaia di soldati costretti a marce di venti, trenta chilometri al giorno.

L'obiettivo dichiarato di Maometto IV è quello di conquistare Vienna e scendere con le sue armate fino a Roma. E, una volta lì, trasformare la basilica di San Pietro in una moschea.

Esattamente come i suoi antenati avevano fatto, anni prima, con la stupenda, inimitabile basilica di Santa Sofia a Costantinopoli. La «Mela d'Oro», così il mondo musulmano chiamava Vienna. Esattamente come noi, oggi, chiamiamo New York la «Grande Mela». È il cuore dell'Europa che deve essere conquistato. È Vienna la porta che consente di arrivare a Roma. Al centro della cristianità. Se questo disegno non riesce, se in quel lontano 1683 l'Europa non viene islamizzata, è perché un grande italiano di nome Marco da Aviano intuisce con molto anticipo rispetto agli intellettuali del suo tempo che dopo la sconfitta di Lepanto del 7 ottobre 1571, il mondo musulmano ha risollevato la testa e sta per riprendere la sua marcia verso Occidente. Marco è un sacerdote.
Un frate cappuccino. Ed è consigliere spirituale di Leopoldo I d'Asburgo. Sarà proprio Marco da Aviano a convincere i principi cristiani in lotta tra loro che l'Europa è in pericolo, che è arrivato il momento di formare una Lega Santa in grado di fermare l'avanzata musulmana. A fatica raccoglie ottantamila uomini. Ottantamila cristiani contro trecentomila musulmani. L'undici settembre 1683 Vienna è persa. Le cannonate dell'esercito di Karà Mustafà hanno aperto voragini nei bastioni di difesa. Le vie d'acqua sono state inquinate. Topi infetti sono stati gettati oltre le mura. La peste dilaga. L'Imperatore Leopoldo I fugge in battello lungo il Danubio e si rifugia a Linz. La sensazione diffusa a Corte è quella di una inesorabile disfatta.
L'undici settembre 1683 la Storia dell'Europa sta per cambiare. L'Occidente è affacciato sul baratro di un definitivo annientamento. All'alba del 12 settembre le truppe cristiane attaccano. E, contro ogni previsione, vincono. Per la grande «umma» musulmana, la sconfitta di Vienna è una ferita lacerante. Insanabile. Il rancore, la vergogna, l'odio per essere stati battuti e dominati dai cani infedeli nasce l'undici settembre 1683.
Tra quell'Europa e l'Europa nella quale oggi viviamo ci sono somiglianze agghiaccianti. Anche allora c'era un'Europa stanca, distrutta dalle guerre di religione, rassegnata. Un'Europa che aveva abdicato alle proprie radici cristiane.

La Storia ci ha insegnato che l'Islam ha antenne molto sensibili. «Sente» la debolezza dell'Europa. E si muove verso Occidente. Oggi, questa nostra Europa ha completamente dimenticato quell'altro undici settembre. Ha completamente dimenticato quel suo figlio straordinario di nome Marco da Aviano. Fate un esperimento. Chiedete a dieci amici chi sia Marco da Aviano. Chiedete a professori universitari. A intellettuali. A politici. Nessuno vi saprà rispondere. Dio benedica i francesi. Dio benedica quel loro sciovinismo esasperato. Quel loro fortissimo senso di appartenenza alle radici comuni. Per anni ci hanno sfinito con Giovanna d'Arco. Hanno prodotto decine di film sulla pulzella d'Orléans. Eppure, se la Storia non avesse avuto Giovanna d'Arco nulla sarebbe cambiato in Europa. Io mi chiedo, io vi chiedo: cosa sarebbe oggi l'Europa se la Storia non avesse avuto Marco da Aviano? Per questo è urgente realizzare un film su Marco da Aviano. Perché l'Europa capisca che la Storia, alla fine, presenta sempre il conto.

Noi ci troviamo di fronte a una cultura enormemente più forte di noi. Una immensa «umma» che crede fortemente in se stessa e in ciò che fa. Con valori profondi e condivisi. Tutte le civiltà, compresa la nostra, possiedono quella che io definirei «una presunzione di eternità». Purtroppo nessuna civiltà è eterna. Se questa Europa non recupera velocemente le proprie radici cristiane, se non rivendica con forza i valori fondanti della nostra civiltà, questa Europa verrà lentamente ma inesorabilmente fagocitata. E i valori fondanti sono quelli che vengono da Cristo e sui quali occorre mantenere una intransigenza assoluta: la sacralità della vita, l'amore per il prossimo, la parità assoluta tra uomo e donna. Se un'altra cultura penetra nel nostro territorio e pretende diritto di cittadinanza si deve adeguare a questi valori e li deve rispettare. Altrimenti non può e non deve avere cittadinanza. Un grande storico francese, Fernand Braudel, ha scritto che la Storia si muove per grandi sinusoidi. Le «onde lunghe della Storia». L'undici settembre 1683 rappresenta il punto più alto di penetrazione musulmana in Occidente. Da quell'anno, l'onda lunga dell'Islam ha iniziato la sua lenta, inarrestabile discesa. Oggi, la curva dell'Islam ha ripreso a salire. L'Islam ha ripreso la sua marcia verso Occidente. Non capire tutto questo significa non capire la Storia.

di Renzo Martinelli
tratto da: Il Giornale

giovedì 15 ottobre 2009

non è importante se non siamo grandi come le montagne


Cos’è una goccia d’acqua se pensi al mare,
un seme piccolino di un melograno,
un filo d’erba verde in un grande prato,
una goccia di rugiada che cos’è?

Il passo di un bambino, una nota sola
un segno sopra un rigo, una parola
qualcuno dice un niente, ma non è vero:
perché? Lo sai perché, lo sai perché?

Goccia dopo goccia nasce un fiume
un passo dopo l’altro si va lontano
una parola appena e nasce una canzone
da un ciao detto per caso un’amicizia nuova.

E se una voce sola si sente poco
insieme a tante altre diventa un coro
e ognuno può cantare anche se è stonato
da niente nasce niente, questo si.

Non è importante se non siamo grandi,
come le montagne, come le montagne,
quello che conta è stare tutti insieme
per aiutare chi non ce la fa,
per aiutare chi non ce la fa!

Goccia dopo goccia nasce nasce un fiume,
e mille fili d’erba fanno un prato;
una parola solo ed ecco una canzone
da un "ciao" detto per caso un’amicizia ancora.

Un passo dopo l’altro si va lontano
arriva fino a dieci poi sai contare
un grattacielo immenso comincia da un mattone
da niente nasce niente, questo si.

Non è importante se non siamo grandi
come le montagne, come le montagne,
quello che conta è stare tutti insieme
per aiutare chi non ce la fa.

Non è importante se non siamo grandi
come le montagne, come le montagne
quello che conta è stare tutti insieme, questo sì.
Da niente nasce niente, tutto qui!

giovedì 1 ottobre 2009

Dov'è Dio? by Salvatore Alletto

Dov'è Dio?

Dov'è Dio quando la gente soffre?

Dov'è Dio quando i bambini muoiono di fame?

Dov'è Dio quando l'innocente grida per il dolore subito?

Dov'è Dio nelle catastrofi naturali?

Sono queste le domande che spesso rendono le nostre notti un po' movimentate, che offuscano i nostri pensieri quando facciamo esperienza del dolore del mondo, le domande a cui non sembriamo in grado di dare una risposta.

Dov'è Dio?

E' questo l'interrogativo che ha attraversato la mente di molti di noi in quella fredda notte di inizio aprile quando, alle 3,32, a L'Aquila e dintorni, la terra ha tremato.

Dov'eri Dio?


E questa domanda mi è ritornata alla mente durante questa settimana di servizio nelle zona devastate dal terremoto alla vista di gente disperata, palazzi crollati, edifici disabitati. Quasi per "caso" mi ritrovo a prestare servizio con i giovani di Legambiente impegnati nel recupero dei beni artistici e culturali nelle chiese e nei palazzi dell'aquilano. Che strano! Cosa c'entro io che di storia dell'arte e beni culturali non capisco granché? Ma è vero che non ci sono coincidenze, ma provvidenze. Così quella mattina giunto ad Onna, la domanda che mi ronzava nelle orecchie in questi ultimi giorni si fa sempre più pressante.

Dov'è Dio? Dov'è?

Qui ad Onna è rimasto veramente poco. Macerie e silenzio ovunque. Lì in Chiesa ci sono le ultime suppellettili da recuperare. Tiriamo fuori qualche tavolo, il confessionale, frammenti interessanti. Ma non solo.


Perché mi accorgo che i Vigili del Fuoco, in quella Chiesa sventrata dalla forza del terremoto, sfidando l'altezza delle macerie cercano ancora qualcosa, direi qualcuno. Da 4 mesi e un giorno sta sepolto lì sotto le macerie: Gesù Eucarestia dentro il tabernacolo. Quasi non ci credo quando me lo dicono e spero e prego che Gesù venga ritrovato. Così quando ormai il sole sta per calare il Bobcat del vigile si arresta improvvisamente; chiamano, c'è qualcosa. E da quelle macerie fredde e informi promana un alito di vita e speranza: è il Cristo riposto in quel tabernacolo all'apparenza fragile eppure rimasto "illeso" dopo la furia del terremoto. Non credevo ai miei occhi e ringraziavo Dio di avermi fatto testimone di questo ritrovamento.


Non ho neanche il tempo di gioire che nella mia mente si materializza la risposta a quella domanda che mi ha da tempo angosciato.

Dov'è Dio?

Adesso posso rispondere.

Eccolo Dio, sepolto sotto le macerie silenziose e pesanti. Eccolo il Cristo, anche lui terremotato, condividere fino in fondo la sofferenza della gente terremotata.

Quel Cristo che dopo 4 mesi esce per ultimo è il segno di speranza che tutti aspettiamo. E' il segno di un "Dio con Noi". E se pure ce ne fosse bisogno, abbiamo anche le prove in quelle macerie che forse lo hanno nascosto ai nostri occhi ma non hanno minato la sua presenza viva e vera.


Adesso il suo posto diventa la tendopoli, insieme alla gente che soffre. Che il Cristo, terremotato anche lui, possa sostenere gli sforzi di rinascita della gente, possa ridonare speranza a chi ha il cuore ferito.

Grazie Gesù perché sei vicino a chi soffre.

Grazie Gesù perché sei terremotato anche tu.

venerdì 25 settembre 2009

Lost! - Coldplay

Just because I'm losin'
Doesn't mean I'm lost
Doesn't mean I'll stop
Doesn't mean I will cross

Just because I'm hurting
Doesn't mean I'm hurt
Doesn't mean I didn't get
What I deserve
No better and no worse

I just got lost
Every river that i tried to cross
Every door I ever tried was locked
Oooh and I'm just waiting 'till the shine wears off

You might be a big a big fish
In a little pond
Doesn't mean you won
Cause along will come a bigger one

You'll be lost
Every river that you try to cross
Every gun you ever held went off
Oooh and I'm just waiting 'till the fires start
Oooh and I'm just waiting 'till the shine wears off

sabato 19 settembre 2009

bilancio dell'estate

"L'estate sta finendo e un anno se ne va.

Sto diventando grande, lo sai che non mi va"

Questo perché aver avuto la grazia di fare animazione per due mesi mi ha fatto tornare indietro nel tempo. E so che sono molto maturata, ma capisco che ancora pochi anni e poi dovrò per un motivo o l'altro rinunciare ai campi, alle ER e a tutti gli annessi e connessi. Pagherei per tornare alle superiori e rivivere con più consapevolezza e al meglio tutte le estati passate!

Voglio ringraziare prima di tutto Gesù: è per lui che faccio animazione!
L'elenco continua con tutti gli amici del cel con cui ho fatto animazione: Igor, Gaia, Paolo, Marta, Marco, Jacopo, Martino, Giada, Lise, Alessio, Zoffy, Cris, Cristian, Silvia, Alma, Bruce, Mirco, Endy, Rachele, Beatrice, Mariachiara, Chiara, Sara, Luca, Giacomo, Pato.
Un enorme ringraziamento a Fabio, un salesiano-santo che ti riempie il cuore di Gesù!

Come diceva Sonia ieri sera: "e adesso, come farò nel mondo normale dopo un'estate così?"
L'interrogativo rimane aperto. Lo scopriremo solo vivendo (in Gesù).

Grazie!
Спосибо!
Multumesc!

giovedì 17 settembre 2009

qualcuno a cui guardo come esempio!

Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova,
tardi ti ho amato.
Ecco, eri dentro di me tu, e io fuori:
fuori di me ti cercavo,
e informe nella mia irruenza mi gettavo
su queste belle forme che tu hai dato alle cose.
Eri con me, io non ero con te.
Le cose mi tenevano lontano,
le cose che non ci sarebbero se non fossero in te.
Mi hai chiamato, e il tuo grido ha lacerato la mia sordità;
hai lanciato segnali di luce e il tuo splendore ha fugato la mia cecità,
ti sei effuso in essenza fragrante e ti ho aspirato
e mi manca il respiro se mi manchi,
ho conosciuto il tuo sapore e ora ho fame e sete,
mi hai sfiorato e mi sono incendiato per la tua pace.

"Se"




Se riesci a conservare il controllo quando tutti
Intorno a te lo perdono e te ne fanno una colpa;
Se riesci ad aver fiducia in te quando tutti
Ne dubitano, ma anche a tener conto del dubbio;
Se riesci ad aspettare e non stancarti di aspettare,
O se mentono a tuo riguardo, a non ricambiare in menzogne,
O se ti odiano, a non lasciarti prendere dall'odio,
E tuttavia a non sembrare troppo buono e a non parlare troppo saggio.

Se riesci a sognare e a non fare del sogno il tuo padrone;
Se riesci a pensare e a non fare del pensiero il tuo scopo;
Se riesci a far fronte al Trionfo e alla Rovina
E trattare allo stesso modo quei due impostori;
Se riesci a sopportare di udire la verità che hai detto
Distorta da furfanti per ingannare gli sciocchi
O a contemplare le cose cui hai dedicato la vita, infrante,
E piegarti a ricostruirle con strumenti logori;

Se riesci a fare un mucchio di tutte le tue vincite
E rischiarle in un colpo solo a testa e croce,
E perdere e ricominciare di nuovo dal principio
E non dire una parola sulla perdita;
Se riesci a costringere cuore, tendini e nervi
A servire al tuo scopo quando sono da tempo sfiniti,
E a tener duro quando in te non resta altro
Tranne la Volontà che dice loro: "Tieni duro!".

Se riesci a parlare con la folla e a conservare la tua virtù,
E a camminare con i Re senza perdere il contatto con la gente,
Se non riesce a ferirti il nemico né l'amico più caro,
Se tutti contano per te, ma nessuno troppo;
Se riesci a occupare il minuto inesorabile
Dando valore a ogni minuto che passa,
Tua è la Terra e tutto ciò che è in essa,
E - quel che è di più - sei un Uomo, figlio mio!

Rudyard Kipling

mercoledì 16 settembre 2009

from "lettera ai cercatori di Dio"

Amore e fallimenti

Siamo fatti per amare. L’amore dà la vita e vince la morte: “Se c’è in me una certezza incrollabile, essa è quella che un mondo che viene abbandonato dall’amore deve sprofondare nella morte, ma che là dove l’amore perdura, dove trionfa su tutto ciò che vorrebbe avvilire, la morte è definitivamente vinta” (Gabriel Marcel). Ne siamo consapevoli, anche quando le parole che pronunciamo e i fatti di cui è intessuta la nostra esistenza non sono in grado di esprimere quello che abbiamo intuito e che desideriamo. Ci fanno paura le persone aride, spente nella voglia di amare e di essere amate.


L’amore è irradiante, contagioso, origine prima e sempre nuova della vita. Per amore siamo nati. Per amore viviamo. Essere amati è gioia. Senza amore la vita resta triste e vuota.

L’amore è uscita coraggiosa da sé, per andare verso gli altri e accogliere il dono della loro diversità dal nostro io, superando nell’incontro l’incertezza della nostra identità e la solitudine delle nostre sicurezze.


Imparare ad amare

Quella dell’amore è la storia più personale della nostra esistenza. Riconosciamo i percorsi e proclamiamo gli eventi che la punteggiano. Ma ci troviamo spesso affaticati, stanchi, sollecitati a fermarci al bordo della strada a causa di delusioni e incertezze.

Riconosciamo che nella via dell’amore c’è sempre una provenienza, un’accoglienza e un avvenire. La provenienza è l’uscire da sé nella generosità del dono, per la sola gioia di amare: l’amore nasce dalla gratuità o non è. L’accoglienza è il riconoscimento grato dell’altro, la gioia e l’umiltà del lasciarsi amare. L’avvenire è il dono che si fa accoglienza e l’accoglienza che si fa dono, l’essere liberi da sé per essere uno con l’altro e nell’altro, in una comunione reciproca e aperta agli altri, che è libertà.


Tutto questo è difficile. Mille ostacoli attraversano il cammino e spesso lo bloccano.

Basta uno sguardo al mondo dei rapporti umani, per constatare l’evidenza di tanti fallimenti dell’amore, un’evidenza che appare perfino chiassosa e inquietante. Siamo fatti per amare e scopriamo quasi di non esserne capaci. Originati dall’amore, ci sembra tanto spesso di non saper suscitare amore.

Perché? Ce lo chiediamo quando la nostalgia di esperienze di amore intense e limpide attraversa la nostra esistenza e colora i nostri sogni. Qualcuno, raccogliendo le parole dalla sua esperienza, suggerisce ragioni e prospettive di questa fatica di amare, tutte, comunque, da verificare in prima persona. Sono la possessività, l’ingratitudine e la tentazione di catturare l’altro le forme che più comunemente paralizzano il cammino dell’amore.


La possessività paralizza l’amore perché impedisce il dono, bloccando il cuore in un avido e illusorio accumulo di ricchezza per sé. L’ingratitudine è l’opposto della riconoscenza gioiosa. Impedisce l’accoglienza dell’altro e impoverisce l’anima, perché dove non c’è gratitudine, il dono stesso è perduto. La cattura è frutto della gelosia, e insieme della paura di perdere l’istante posseduto: in una sorta di sazietà illusoria essa chiude lo sguardo verso gli altri e verso l’avvenire. Come superare queste resistenze? Come divenire capaci di amare oltre ogni possessività, ingratitudine e prigione del cuore? Chi ci renderà capaci di amare?


Rinascere sempre di nuovo nell’amore

Abbiamo cercato parole per dire il nostro amore, quello che ci fa nascere, vivere e sperare. Abbiamo dovuto usare parole amare, come delusione, fallimento, tradimento, incertezza, chiusura, egoismo. Non tutto è così, per fortuna.

La nostra esperienza di amore sa rinascere. Parliamo di fallimento proprio perché sogniamo esperienze diverse. Sogniamo esperienze nuove perché altri, amici vicini o sconosciuti, ci restituiscono fiducia nell’amore e sicurezza nella sua vittoria, nonostante tutto.


Davvero lo scontro tra amore e tradimento mette la nostra esistenza in una condizione di inquietudine, che scopriamo sempre presente e nuova, anche quando ci sembra d’averla superata e risolta. Nel silenzio del nostro cuore inquieto troviamo una domanda che avvolge tutto il mistero del nostro esistere e che si proietta in avanti, anche quando sperimentiamo risposte che sembrano soddisfacenti.

Soprattutto deve diventare veramente nostra la risposta che ognuno di noi darà a questa domanda. Ciascuno è chiamato a esprimerla nella sua storia personale e a dire a se stesso le sue buone ragioni per amare e superare le resistenze ad amare a partire dal proprio vissuto. La solidarietà che ci lega ci spinge però a rompere il silenzio per farci ciascuno proposta agli altri.


Sì: c’è in noi un immenso bisogno di amare e di essere amati. Davvero, “è l’amore che fa esistere” (Maurice Blondel). È l’amore che vince la morte: “Amare qualcuno significa dirgli: tu non morirai!” (Gabriel Marcel). Eugenio Montale esprime intensamente questo bisogno, che è insieme nostalgia, desiderio e attesa, nei versi scritti dopo la morte della moglie, dove è proprio l’assenza della persona amata a far percepire l’importanza dell’amore, che vive al di là di ogni fragilità e interruzione:


Ho sceso, dandoti il braccio,

almeno un milione di scale

e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.

Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.

Il mio dura tuttora, né più mi occorrono

le coincidenze, le prenotazioni,

le trappole, gli scorni di chi crede

che la realtà sia quella che si vede.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio

non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.

Con te le ho scese perché sapevo che di noi due

le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,

erano le tue.


In questo bisogno di rinascere sempre di nuovo nell’amore

ci sembra riconoscibile una nostalgia: quella di un amore infinito…