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sabato 31 ottobre 2009

Fidanzati, frenati, purificati - [ Il Foglio.it › La giornata ]

Fidanzati, frenati, purificati - [ Il Foglio.it › La giornata ]

giovedì 22 ottobre 2009

the book of love

The book of love is long and boring
No one can lift the damn thing
It's full of charts and facts and figures
and instructions for dancing

But I - I love it when you read to me
And you - You can read me anything

The book of love has music in it
In fact that's where music comes from
Some of it is just transcendental
Some of it is just really dumb

But I - I love it when you sing to me
And you - You can sing me anything

The book of love is long and boring
And written very long ago
It's full of flowers and heart-shaped boxes
And things we're all too young to know

But I - I love it when you give me things
And you - You ought to give me wedding rings

lunedì 19 ottobre 2009

un altro 11 settembre - by Renzo Martinelli

Voglio raccontarvi un altro undici settembre. Un undici settembre che questa Europa stanca e rassegnata ha completamente rimosso. L'undici settembre che vi racconto è quello del 1683. Voglio raccontarvelo perché è una pagina di storia che è ormai diventata materiale drammaturgico, si è trasformata in una sceneggiatura e, con l'aiuto di Dio, diventerà un film. Forse il prossimo anno. Forse quello successivo. Ma lo diventerà.
Nella primavera di quel 1683, un esercito di trecentomila musulmani comandati da Karà Mustafà parte da Istanbul e muove verso Occidente. Un esercito poderoso. Il più potente che l'Europa abbia mai visto. Una impressionante massa di uomini e cavalli e cammelli e carri. Devastano villaggi. Razziano tutto ciò che può essere mangiato. Rapiscono centinaia di donne per placare gli appetiti sessuali di migliaia di soldati costretti a marce di venti, trenta chilometri al giorno.

L'obiettivo dichiarato di Maometto IV è quello di conquistare Vienna e scendere con le sue armate fino a Roma. E, una volta lì, trasformare la basilica di San Pietro in una moschea.

Esattamente come i suoi antenati avevano fatto, anni prima, con la stupenda, inimitabile basilica di Santa Sofia a Costantinopoli. La «Mela d'Oro», così il mondo musulmano chiamava Vienna. Esattamente come noi, oggi, chiamiamo New York la «Grande Mela». È il cuore dell'Europa che deve essere conquistato. È Vienna la porta che consente di arrivare a Roma. Al centro della cristianità. Se questo disegno non riesce, se in quel lontano 1683 l'Europa non viene islamizzata, è perché un grande italiano di nome Marco da Aviano intuisce con molto anticipo rispetto agli intellettuali del suo tempo che dopo la sconfitta di Lepanto del 7 ottobre 1571, il mondo musulmano ha risollevato la testa e sta per riprendere la sua marcia verso Occidente. Marco è un sacerdote.
Un frate cappuccino. Ed è consigliere spirituale di Leopoldo I d'Asburgo. Sarà proprio Marco da Aviano a convincere i principi cristiani in lotta tra loro che l'Europa è in pericolo, che è arrivato il momento di formare una Lega Santa in grado di fermare l'avanzata musulmana. A fatica raccoglie ottantamila uomini. Ottantamila cristiani contro trecentomila musulmani. L'undici settembre 1683 Vienna è persa. Le cannonate dell'esercito di Karà Mustafà hanno aperto voragini nei bastioni di difesa. Le vie d'acqua sono state inquinate. Topi infetti sono stati gettati oltre le mura. La peste dilaga. L'Imperatore Leopoldo I fugge in battello lungo il Danubio e si rifugia a Linz. La sensazione diffusa a Corte è quella di una inesorabile disfatta.
L'undici settembre 1683 la Storia dell'Europa sta per cambiare. L'Occidente è affacciato sul baratro di un definitivo annientamento. All'alba del 12 settembre le truppe cristiane attaccano. E, contro ogni previsione, vincono. Per la grande «umma» musulmana, la sconfitta di Vienna è una ferita lacerante. Insanabile. Il rancore, la vergogna, l'odio per essere stati battuti e dominati dai cani infedeli nasce l'undici settembre 1683.
Tra quell'Europa e l'Europa nella quale oggi viviamo ci sono somiglianze agghiaccianti. Anche allora c'era un'Europa stanca, distrutta dalle guerre di religione, rassegnata. Un'Europa che aveva abdicato alle proprie radici cristiane.

La Storia ci ha insegnato che l'Islam ha antenne molto sensibili. «Sente» la debolezza dell'Europa. E si muove verso Occidente. Oggi, questa nostra Europa ha completamente dimenticato quell'altro undici settembre. Ha completamente dimenticato quel suo figlio straordinario di nome Marco da Aviano. Fate un esperimento. Chiedete a dieci amici chi sia Marco da Aviano. Chiedete a professori universitari. A intellettuali. A politici. Nessuno vi saprà rispondere. Dio benedica i francesi. Dio benedica quel loro sciovinismo esasperato. Quel loro fortissimo senso di appartenenza alle radici comuni. Per anni ci hanno sfinito con Giovanna d'Arco. Hanno prodotto decine di film sulla pulzella d'Orléans. Eppure, se la Storia non avesse avuto Giovanna d'Arco nulla sarebbe cambiato in Europa. Io mi chiedo, io vi chiedo: cosa sarebbe oggi l'Europa se la Storia non avesse avuto Marco da Aviano? Per questo è urgente realizzare un film su Marco da Aviano. Perché l'Europa capisca che la Storia, alla fine, presenta sempre il conto.

Noi ci troviamo di fronte a una cultura enormemente più forte di noi. Una immensa «umma» che crede fortemente in se stessa e in ciò che fa. Con valori profondi e condivisi. Tutte le civiltà, compresa la nostra, possiedono quella che io definirei «una presunzione di eternità». Purtroppo nessuna civiltà è eterna. Se questa Europa non recupera velocemente le proprie radici cristiane, se non rivendica con forza i valori fondanti della nostra civiltà, questa Europa verrà lentamente ma inesorabilmente fagocitata. E i valori fondanti sono quelli che vengono da Cristo e sui quali occorre mantenere una intransigenza assoluta: la sacralità della vita, l'amore per il prossimo, la parità assoluta tra uomo e donna. Se un'altra cultura penetra nel nostro territorio e pretende diritto di cittadinanza si deve adeguare a questi valori e li deve rispettare. Altrimenti non può e non deve avere cittadinanza. Un grande storico francese, Fernand Braudel, ha scritto che la Storia si muove per grandi sinusoidi. Le «onde lunghe della Storia». L'undici settembre 1683 rappresenta il punto più alto di penetrazione musulmana in Occidente. Da quell'anno, l'onda lunga dell'Islam ha iniziato la sua lenta, inarrestabile discesa. Oggi, la curva dell'Islam ha ripreso a salire. L'Islam ha ripreso la sua marcia verso Occidente. Non capire tutto questo significa non capire la Storia.

di Renzo Martinelli
tratto da: Il Giornale

giovedì 15 ottobre 2009

non è importante se non siamo grandi come le montagne


Cos’è una goccia d’acqua se pensi al mare,
un seme piccolino di un melograno,
un filo d’erba verde in un grande prato,
una goccia di rugiada che cos’è?

Il passo di un bambino, una nota sola
un segno sopra un rigo, una parola
qualcuno dice un niente, ma non è vero:
perché? Lo sai perché, lo sai perché?

Goccia dopo goccia nasce un fiume
un passo dopo l’altro si va lontano
una parola appena e nasce una canzone
da un ciao detto per caso un’amicizia nuova.

E se una voce sola si sente poco
insieme a tante altre diventa un coro
e ognuno può cantare anche se è stonato
da niente nasce niente, questo si.

Non è importante se non siamo grandi,
come le montagne, come le montagne,
quello che conta è stare tutti insieme
per aiutare chi non ce la fa,
per aiutare chi non ce la fa!

Goccia dopo goccia nasce nasce un fiume,
e mille fili d’erba fanno un prato;
una parola solo ed ecco una canzone
da un "ciao" detto per caso un’amicizia ancora.

Un passo dopo l’altro si va lontano
arriva fino a dieci poi sai contare
un grattacielo immenso comincia da un mattone
da niente nasce niente, questo si.

Non è importante se non siamo grandi
come le montagne, come le montagne,
quello che conta è stare tutti insieme
per aiutare chi non ce la fa.

Non è importante se non siamo grandi
come le montagne, come le montagne
quello che conta è stare tutti insieme, questo sì.
Da niente nasce niente, tutto qui!

giovedì 1 ottobre 2009

Dov'è Dio? by Salvatore Alletto

Dov'è Dio?

Dov'è Dio quando la gente soffre?

Dov'è Dio quando i bambini muoiono di fame?

Dov'è Dio quando l'innocente grida per il dolore subito?

Dov'è Dio nelle catastrofi naturali?

Sono queste le domande che spesso rendono le nostre notti un po' movimentate, che offuscano i nostri pensieri quando facciamo esperienza del dolore del mondo, le domande a cui non sembriamo in grado di dare una risposta.

Dov'è Dio?

E' questo l'interrogativo che ha attraversato la mente di molti di noi in quella fredda notte di inizio aprile quando, alle 3,32, a L'Aquila e dintorni, la terra ha tremato.

Dov'eri Dio?


E questa domanda mi è ritornata alla mente durante questa settimana di servizio nelle zona devastate dal terremoto alla vista di gente disperata, palazzi crollati, edifici disabitati. Quasi per "caso" mi ritrovo a prestare servizio con i giovani di Legambiente impegnati nel recupero dei beni artistici e culturali nelle chiese e nei palazzi dell'aquilano. Che strano! Cosa c'entro io che di storia dell'arte e beni culturali non capisco granché? Ma è vero che non ci sono coincidenze, ma provvidenze. Così quella mattina giunto ad Onna, la domanda che mi ronzava nelle orecchie in questi ultimi giorni si fa sempre più pressante.

Dov'è Dio? Dov'è?

Qui ad Onna è rimasto veramente poco. Macerie e silenzio ovunque. Lì in Chiesa ci sono le ultime suppellettili da recuperare. Tiriamo fuori qualche tavolo, il confessionale, frammenti interessanti. Ma non solo.


Perché mi accorgo che i Vigili del Fuoco, in quella Chiesa sventrata dalla forza del terremoto, sfidando l'altezza delle macerie cercano ancora qualcosa, direi qualcuno. Da 4 mesi e un giorno sta sepolto lì sotto le macerie: Gesù Eucarestia dentro il tabernacolo. Quasi non ci credo quando me lo dicono e spero e prego che Gesù venga ritrovato. Così quando ormai il sole sta per calare il Bobcat del vigile si arresta improvvisamente; chiamano, c'è qualcosa. E da quelle macerie fredde e informi promana un alito di vita e speranza: è il Cristo riposto in quel tabernacolo all'apparenza fragile eppure rimasto "illeso" dopo la furia del terremoto. Non credevo ai miei occhi e ringraziavo Dio di avermi fatto testimone di questo ritrovamento.


Non ho neanche il tempo di gioire che nella mia mente si materializza la risposta a quella domanda che mi ha da tempo angosciato.

Dov'è Dio?

Adesso posso rispondere.

Eccolo Dio, sepolto sotto le macerie silenziose e pesanti. Eccolo il Cristo, anche lui terremotato, condividere fino in fondo la sofferenza della gente terremotata.

Quel Cristo che dopo 4 mesi esce per ultimo è il segno di speranza che tutti aspettiamo. E' il segno di un "Dio con Noi". E se pure ce ne fosse bisogno, abbiamo anche le prove in quelle macerie che forse lo hanno nascosto ai nostri occhi ma non hanno minato la sua presenza viva e vera.


Adesso il suo posto diventa la tendopoli, insieme alla gente che soffre. Che il Cristo, terremotato anche lui, possa sostenere gli sforzi di rinascita della gente, possa ridonare speranza a chi ha il cuore ferito.

Grazie Gesù perché sei vicino a chi soffre.

Grazie Gesù perché sei terremotato anche tu.