BLOGGER TEMPLATES AND TWITTER BACKGROUNDS

venerdì 26 febbraio 2010

ohne dich (E. Fried)

Nicht nichts

ohne dich
aber nicht dasselbe

Nicht nichts
ohne dich
aber vielleicht weniger

Nicht nichts
aber weniger
und weniger

Vielleicht nicht nichts
ohne dich
aber nicht mehr viel


Non niente senza te, ma non lo stesso.
Non niente senza te, ma forse meno.
Non niente, ma meno e meno.
Forse non niente senza te, ma non più molto.

martedì 16 febbraio 2010

[una strada, apparentemente, poco meno di due metri...]

Carissimi,
cenere in testa e acqua sui piedi, una strada, apparentemente, poco meno di due metri. Ma, in verità, molto più lunga e faticosa. Perché si tratta di partire dalla propria testa per arrivare ai piedi degli altri. A percorrerla non bastano i quaranta giorni che vanno dal mercoledì delle ceneri al giovedì santo. Occorre tutta una vita, di cui il tempo quaresimale vuole essere la riduzione in scala.
Pentimento e servizio. Sono le due grandi prediche che la Chiesa affida alla cenere e all'acqua, più che alle parole. Non c'è credente che non venga sedotto dal fascino di queste due prediche. Le altre, quelle fatte dai pulpiti, forse si dimenticano subito. Queste, invece, no: perché espresse con i simboli, che parlano un "linguaggio a lunga conservazione". È difficile, per esempio, sottrarsi all'urto di quella cenere. Benché leggerissima, scende sul capo con la violenza della grandine. E trasforma in un'autentica martellata quel richiamo all'unica cosa che conta: "Convertiti e credi al Vangelo".
Peccato che non tutti conoscono la rubrica del messale, secondo cui le ceneri debbono essere ricavate dai rami d'ulivo benedetti nell'ultima domenica delle palme. Se no, le allusioni all'impegno per la pace, all'accoglienza del Cristo, al riconoscimento della sua unica signoria, alla speranza di ingressi definitivi nella Gerusalemme del cielo, diverrebbero itinerari ben più concreti di un cammino di conversione. Quello "shampoo alla cenere", comunque, rimane impresso per sempre: ben oltre il tempo in cui, tra i capelli soffici, ti ritrovi detriti terrosi che il mattino seguente, sparsi sul guanciale, fanno pensare per un attimo alle squame già cadute dalle croste del nostro peccato. Così pure rimane indelebile per sempre quel tintinnare dell'acqua nel catino.
È la predica più antica che ognuno di noi ricordi. Da bambini, l'abbiamo "udita con gli occhi", pieni di stupore, dopo aver sgomitato tra cento fianchi, per passare in prima fila e spiare da vicino le emozioni della gente. Una predica, quella del giovedì santo, costruita con dodici identiche frasi: ma senza monotonia. Ricca di tenerezze, benché articolata su un prevedibile copione. Priva di retorica, pur nel ripetersi di passaggi scontati: l'offertorio di un piede, il levarsi di una brocca, il frullare di un asciugatoio, il sigillo di un bacio. Una predica strana. Perché a pronunciarla senza parole, genuflesso davanti a dodici simboli della povertà umana, è un uomo che la mente ricorda in ginocchio solo davanti alle ostie consacrate. Miraggio o dissolvenza? Abbaglio provocato dal sonno, o simbolo per chi veglia nell'attesa di Cristo? "Una tantum" per la sera dei paradossi, o prontuario plastico per le nostre scelte quotidiane? Potenza evocatrice dei segni! Intraprendiamo, allora, il viaggio quaresimale, sospeso tra cenere e acqua. La cenere ci bruci sul capo, come fosse appena uscita dal cratere di un vulcano. Per spegnerne l'ardore, mettiamoci alla ricerca dell'acqua da versare... sui piedi degli altri. Pentimento e servizio. Binari obbligati su cui deve scivolare il cammino del nostro ritorno a casa.
Cenere e acqua. Ingredienti primordiali del bucato di un tempo. Ma, soprattutto, simboli di una conversione completa, che vuole afferrarci finalmente dalla testa ai piedi. Un grande augurio.
Don Tonino Bello, Vescovo

giovedì 11 febbraio 2010

P.Coehlo


L'amore è sempre nuovo.
Non importa che amiamo una, due, dieci volte nella vita:
ci troviamo sempre davanti a una situazione che non conosciamo.
L'amore può condurci all'inferno o al paradiso,
comunque ci porta sempre in qualche luogo.
È necessario accettarlo, perché esso è ciò che alimenta la nostra esistenza.

Se non lo accettiamo, moriremo di fame pur vedendo
i rami dell'albero della vita carichi di frutti:
non avremo il coraggio di tendere la mano e di coglierli.

È necessario ricercare l'amore là dove si trova,
anche se ciò potrebbe significare ore, giorni, settimane di delusione e di tristezza.
Perché nel momento in cui partiamo in cerca dell'amore,
anche l'amore muove per venirci incontro.
E ci salva.


lunedì 8 febbraio 2010

Цветок - Un fiore (A.S. Puškin)


Цветок засохший, безуханный,
Забытый в книге вижу я;
И вот уже мечтою странной
Душа наполнилась моя:

Где цвёл? когда? какой весною?
И долго ль цвёл? И сорван кем,
Чужой, знакомой ли рукою?
И положен сюда зачем?

На память нежного ль свиданья,
Или разлуки роковой,
Иль одинокого гулянья
В тиши полей, в тени лесной?

И жив ли тот, и та жива ли?
И нынче где их уголок?
Или уже они увяли,
Как сей неведомый цветок?



Un fiore secco, senza profumo,
Vedo, scordato dentro un libro;
Ed ecco d'una strana fantasia
Mi s'è riempita l'anima:

Dove fiorì? quando? in qual primavera?
E fiorì a lungo? e colto fu da chi,
Da una straniera, da una nota mano?
E perché posto qui?

In memoria di un dolce convegno,
O di fatale distacco,
O d'una passeggiata solitaria
In quieti campi ed in ombra boschiva?

E vivo è quello, e quella è viva?
E dov'è adesso il lor cantuccio?
O sono anch'essi ora avvizziti
Al par di questo ignoto fiore?

[giostra dei pensieri] amo la vita (Vecchioni)

amo la vita,
questa nave infinita, questo sogno svegliato,

questo libro mai stampato,
sperso disordinato a quinterni di pagine, a fogli singoli, a stralci di frasi

ora qua

ora là

in questa stanza che appena l'hai camminata,
torni a ripercorrerla e la trovi

altra e dispari e traduci in tempo i passi e in memoria gli angoli.

C'è da qualche parte,

ma io non so dove,

una porta nascosta...